Luciano Minerva ha saputo intervistare negli anni i grandi protagonisti della letteratura contemporanea con curiosità precisa e documentata, portandoci a riflettere su un'attività che troppe volte sembra semplice e scontata: fare le giuste domande a un autore o a un'autrice.
๐๐ฏ๐ฏ๐ถ๐ฎ๐บ๐ผ ๐ฝ๐ฟ๐ผ๐ฝ๐ผ๐๐๐ผ ๐ฎ ๐๐๐ฐ๐ถ๐ฎ๐ป๐ผ ๐ ๐ถ๐ป๐ฒ๐ฟ๐๐ฎ ๐๐ป’๐ถ๐ป๐๐ฒ๐ฟ๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ ๐ฑ๐ถ ๐ฟ๐๐ผ๐น๐ถ e abbiamo fatto a lui un’intervista per farci raccontare com’è riuscito a cogliere l’essenza del pensiero degli autori e come attraverso le sue interviste ha letto l’๐ฒ๐๐ผ๐น๐๐๐ถ๐ผ๐ป๐ฒ ๐ฑ๐ฒ๐น ๐๐ฒ๐๐๐ถ๐๐ฎ๐นetteratura di Mantova ๐ป๐ฒ๐ถ ๐๐๐ผ๐ถ ๐ฎ๐ฑ ๐ฎ๐ป๐ป๐ถ ๐ฑ๐ถ ๐๐๐ผ๐ฟ๐ถ๐ฎ.
Ecco la nostra intervista a Luciano MInerva:
Può raccontarci l’evoluzione del Festival in questi 25 anni di storia letto attraverso le sue interviste?E’ dal 2015 che manco dal Festival, e sono lietissimo di tornarci. Anche per l’assenza di questi anni mi è difficile leggere in modo corretto l’evoluzione. La stessa rilettura e riproposizione delle mie interviste realizzate fra il 2000 e il 2009 mi appare, in qualche modo, “fuori del tempo”, per l’attualità dei temi, dei dialoghi, delle connessioni fra un autore e l’altro. Posso dire, per le quindici edizioni che ho seguito dall’anno 2000, che ho riscontrato soprattutto, nel Festival, un’anima, un nocciolo di base permanente con continui e progressivi affinamenti. Quest’anima è determinata da alcuni elementi di fondo: l’uso di spazi della città, sempre più numerosi, da far vivere e valorizzare nei giorni del Festival (con riflessi che permangono ben oltre i giorni degli eventi); la funzione essenziale dei volontari del Festival, le mitiche “Magliette blu”, che per i giovani mantovani hanno rappresentato una vera e propria formazione permanente e per quelli provenienti da fuori una sorta di Erasmus in sedicesimo, esperienze di vita incancellabili; l’attenzione alla presenza di autori di richiamo unita alla selezione di scrittori sconosciuti ai più, di culture e lingue sempre più numerose; l’impegno a diversificare l’offerta di eventi per venire incontro alle fasce di pubblico più diverse, a ripetere esperienze positive, come Blurandevù, splendida palestra per chi vuole e sa fare domande e grande occasione per gli autori coinvolti, e a inventare forme nuove (come Piazza Balcone).
C’è una domanda in particolare che ha posto agli autori negli anni e che le ha permesso di cogliere l’essenza del loro pensiero?
Non c’è una domanda specifica che abbia rivolto, anzi, credo mi sia difficile individuare la stessa domanda ripetuta a più di un autore. Forte della lezione del mio professore di liceo, Salvatore Guglielmino, che invitava costantemente a partire dai testi per comprendere un autore, mi sono sempre lasciato guidare da ciò che più mi aveva colpito nei libri (e ogni libro è diverso, anche dello stesso scrittore). Così la maggior parte delle domande sono partite proprio da frasi specifiche, con grande piacere degli autori, che amano confrontarsi con il lettore attento e curioso. Un’altra chiave delle mie interviste che mi ha aiutato a cogliere l’essenza del loro pensiero è stata la scelta del luogo più adatto ai singoli incontri, che ha sempre offerto occasioni di domande esplicite o riflessioni dell’autore a partire dal luogo.
In questo Mantova è una vera e propria miniera. Penso, solo per fare a qualche esempio, al dialogo con David Grossman sull’intimità nel Giardino segreto di Isabella d’Este, a quello con Arundhati Roy con le domande sull’acqua fatte durante la navigazione sul Mincio, all’incontro con Jurij Druลพnikov sotto l’affresco della Caduta dei giganti a Palazzo Te. Oltre al genius loci di Mantova – che il Festival mette bene in evidenza – ci sono tanti possibili genius loci che portano il loro contributo essenziale.
Ci può raccontare una novità riscontrata nei temi di questa edizione e in che modo è rappresentativa del tempo presente?I temi sono talmente vari e vasti che trovo difficile metterli a confronto con quelli delle altre edizioni. Più che i contenuti, come sempre variegati e interessanti, mi colpisce la novità determinata dal dopo-pandemia, in modo particolare con i Percorsi (“esercizi di messa a fuoco per riabituarci a guardare ciò che abbiamo più vicino e per costruire un racconto delle nostre città totalmente rinnovato”), Piazza Balcone con le storie raccontate in mezzo alle case e la “letteratura di vicinato”, il Furgone poetico. Se si aggiunge la programmazione di Radio Festivaletteratura e l’offerta di 47 eventi in streaming, si ha la precisa percezione di una Festival che riesce insieme a valorizzare tutti i luoghi della città e insieme ad arrivare più lontano possibile grazie alla trasmissione di una vicinanza con tutti i luoghi del mondo. Le questioni ambientali sono sempre state importanti nel festival ma forse qui segnano tracce più forti. Più in generale ho l’impressione che gli ideatori e organizzatori del Festival, che sembrano essere sempre di più un ideatore e organizzatore collettivo, mettano più in rilievo una coscienza “storica” di ciò che il Festivaletteratura rappresenta da 25 anni nel panorama culturale italiano: un presente ben radicato nel passato e l’occhio rivolto al futuro della letteratura e della società.