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Il 16 Settembre 2020 è la Giornata internazionale per la Preservazione dello strato di Ozono. Tale ricorrenza è stata istituita nel 1994 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. 

Si sente spesso parlare di buco nell’Ozono, ma di cosa si tratta esattamente? Il termine buco nell’ozono è stato coniato nel 1985 da Sherwood Rowland per indicare l’anomalo assottigliamento dello strato di ozono presente nella stratosfera, a una distanza compresa tra 10 e 40 km dalla superficie terrestre.

L’atmosfera terrestre è suddivisa in diversi “strati”, uno di questi è l’ozonosfera, caratterizzata da una particolare concentrazione di un gas detto appunto ozono.

L’ozono è un gas a effetto serra che ha la capacità di trattenere alcune radiazioni UV, provenienti dal sole, che sarebbero altrimenti nocive per la vita ed è prodotto continuamente nell’ozonosfera mediante una reazione chimica che avviene tra le molecole di ossigeno e i raggi UV.

E’ stato scoperto che alcune sostanze, se disperse in atmosfera, sono in grado di distruggere le molecole di ozono, tra queste le principali sono: clorofluorocarburi (CFC) e idroclorofluorocarburi (HCFC). Queste sostanze, mediante reazioni chimiche, fanno si che gli atomi di cloro che li compongono sottraggano un atomo di ossigeno alla molecola di ozono. Si stima che un singolo atomo di cloro possa distruggere 100 000 molecole di ozono prima di combinarsi con altre sostanze.

L’assottigliamento si verifica molto più velocemente nelle zone polari: il buco nell’ozono di solito si forma sopra l’Antartide, a circa 10-50 km di quota. Qui le temperature particolarmente rigide degli inverni favoriscono la formazione di nuvole stratosferiche che, sotto l’effetto della radiazione solare, favoriscono l’efficienza delle reazioni delle sostanze chimiche presenti nella stratosfera, come il cloro e il bromo, capaci di ridurre lo strato di ozono. Anche se in minore quantità, un assottigliamento significativo dello strato dell’ozono si è registrato anche nell’Artico e persino sopra l’Europa continentale.

Alla fine degli anni ottanta, attraverso il  protocollo di Montreal, i governi di tutto il mondo hanno convenuto di proteggere lo strato di ozono terrestre eliminando gradualmente le sostanze emesse dalle attività umane che lo riducono. Tali sostanze infatti erano utilizzate prevalentemente come gas refrigeranti, estinguenti o sterilizzanti in moltissime applicazioni industriali e domestiche.

L’attuale “regolamento sull’ozono” dell’Unione Europea (regolamento (CE) n. 1005/2009) contiene una serie di misure per assicurare obiettivi più ambiziosi: mentre il protocollo di Montreal disciplina la produzione di queste sostanze e il loro commercio all’ingrosso, il regolamento europeo ne vieta l’uso nella maggior parte dei casi. Tale disciplina è applicata alle sostanza all’ingrosso, ma anche a tutti i prodotti e alle apparecchiature che possano contenere gas ozono lesivi, così da consentirne una riduzione dei consumi pari al 98%.

Purtroppo, sebbene siano oramai banditi a livello mondiale, la maggior parte dei CFC messi in circolazione sono ancora adesso presenti oltre che nell’atmosfera, in apparecchi e impianti isolanti di vecchia generazione il cui deterioramento ne comporta un lento rilascio di tali gas. E’ quindi molto importante censire le apparecchiature di vecchia generazione che possano contenere CFC o HCFC, tenerle sotto controllo mediante verifiche periodiche e, dove possibile, dismetterle prestando particolare attenzione al recupero del gas in esse contenuto.

I gas lesivi per l’ozono sono stati sostituiti da gas fluorurati (HFC, PFC, SF6, ecc..) completamente innocui per l’ozono, ma che concorrono ad aggravare il fenomeno del riscaldamento globale.

Il caso dei gas ozono lesivi è la dimostrazione di come, a fronte di una grave problematica ambientale, un’azione a livello globale, l’innovazione tecnologica e la sinergia tra enti normatori e imprese possano condurre all’adozione di misure per l’arginamento della situazione e al tentativo di rispristino delle condizioni originarie, ma pone anche l’attenzione sulla complessità della tematica della tutela ambientale dove la risoluzione di una problematica può comportare una variazione degli equilibri ed una nuova criticità a cui porre rimedio.

Ancora una volta la sfida alla sostenibilità ambientale dimostra la sua complessità di approccio, ma anche la sua imprescindibilità per preservare la biosfera che ci ospita.

Kyle Lorino

Settore Ambiente