Nelle ultime settimane il mondo scientifico, dopo la scoperta di tracce di Coronavirus in acque non destinate alla potabilizzazione nel comune di Parigi, si è interrogato sulla pericolosità del Coronavirus in ambito idrico.
Si deve fare una distinzione sulle diverse tipologie di acque e sui controlli e gli impatti che queste hanno o possono avere sulla salute:
Per quanto riguarda le acque destinate al consumo umano, i sistemi di trattamento e disinfezione impediscono la possibilità di avere tracce di RNA virale correlabile al Coronavirus. E questo è comprovato dal fatto che tutte le autorità italiane e mondiali, OMS in testa, indicano nel lavaggio accurato delle mani un primo mezzo di “protezione” dal diffondersi del virus. Non è quindi necessario abbandonare il consumo di acque da acquedotto per prediligere le acque in bottiglia.
Il ritrovamento nelle acque di scarico delle grandi città italiane ma anche Europee di tracce di RNA virale che non necessariamente rappresenta un virus infettivo, non ha destato alcun tipo di sorpresa né allarmismi per la salute. Come per le acque destinate al consumo umano, anche per le acque di scarico sono presenti sistemi di depurazione che inattivizzano non solo il Covid-19, ma anche altri virus. In particolare la presenza di queste tracce può fungere da opportunità per identificare in tempi relativamente brevi, la presenza di focolai di infezione nella popolazione permettendo, in questa fase delicata corrispondente ad intensificazione della attività industriali e umane, di riconoscere e circoscrivere eventuali zone a rischio di nuovo sviluppo della pandemia. L’analisi delle acque di scarico può quindi fungere da strumento non invasivo per rilevare precocemente la presenza di infezioni nella popolazione. Tali eventuali focolai, sottoposti ad indagini cliniche successive (test sierologici o tamponi) potranno essere identificati e circoscritti contribuendo , insieme ai test molecolari previsti a contenere eventuali nuove ondate di contagi.
Parallelamente allo studio sull’RNA, sono in atto degli studi per identificare la concentrazione di principi attivi dei farmaci impiegati per il trattamento del Coronavirus. Questi dati permetteranno di mappare anche la variabilità dei trattamenti terapeutici con l’andare del tempo. Sono al momento disponibili studi su Milano, Roma e altre città Europee.
Per quanto riguarda le acque di mare sono in corso studi. Recenti dati in acque marino-costiere in Francia in fase pandemica hanno riportato l’assenza di SARSCoV-2 in acqua di mare potenzialmente esposta a reflui umani e in molluschi prelevati in aree costiere soggette a contaminazione fecale.
Per similitudine con altri Coronavirus, gli esperti tendono anche in questo caso a indicare una bassa percentuale di rischio e una bassa persistenza.
La presenza di tracce di RNA del Coronavirus nelle acque non costituisce pertanto un rischio per la salute, ma un’opportunità per monitorare in via indiretta l’evoluzione della pandemia.
Dott.ssa Daniela Mainini